PREZZO-COSTI-TARIFFE- INFEDELTà PATRIMONIALE MILANO

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INDAGINI BANCARIE IN ITALIA E ALL'ESTERO


Prezzo-Tariffario  per indagini  infedeltà patrimoniale ? Il costo per una semplice indagine per infedeltà patrimoniale, varia in base elle difficoltà e comunque la tariffa minima si aggira dai 400 euro al massimo di euro 1.000 oltre iva, in Italia, mentre all'estero compreso paradisi fiscali e paesi off shore il costa minimo e da euro 1.200 ai 5.000 ueuro.

L'infedeltà patrimoniale è un reato, punibile dall’art. 2634 codice civile. Di solito il reato viene commesso da amministratori di società o liquidatori etc. che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività aziendali ai danni dei soci; 


L’Agenzia Investigativa IDFOX da oltre 30 anni svolge indagini bancarie e finanziarie sia in Italia che all’estero, compresi paradisi fiscali ed off-shore, per il rintraccio dei patrimoni occultati.


Smascheriamo quei soggetti che con vari raggiri mettono in atto truffe, frodi, irregolarità contabili, corruzione, concussione, appropriazione indebita, sottrazione di beni aziendali e, anche se spariscono nei paradisi fiscali ed offshore, NOI LI TROVIAMO!



Chi siamo?


La direttrice e responsabile dell’Agenzia IDFOX S.r.l. è la Dott.ssa Margherita Maiellaro. La responsabile ha un’esperienza pluriennale nel campo ed ha conseguito una laurea in Giurisprudenza presso l’Università Luigi Bocconi. 


L’agenzia Agenzia investigativa IDFOX ® è stata fondata da Max Maiellaro, con oltre 30 anni di esperienze investigative maturate nella Polizia di Stato, già diretto collaboratore del Conte Corrado AGUSTA, è stato inoltre responsabile dei servizi di sicurezza di multinazionali e aziende operanti in svariati settori, nonché referente abituale di imprenditori, manager e studi legali su tutto il territorio Italiano ed anche Estero.


Risolviamo sempre brillantemente ogni problematica investigativa connessa a: Infedeltà aziendale, beni, marchi e brevetti, concorrenza sleale e difesa intellettuale dei progetti, violazione del patto di non concorrenza, protezione know-how e tutela delle persone e della famiglia.

IDFOX Srl International Detectives Fox ®

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Reati societari: le condizioni di procedibilità


1. Considerazioni introduttive


Con la sintetica espressione «condizioni di procedibilità» si intende definire «un complesso di atti e fatti il cui mancato verificarsi impedisce l’instaurazione del processo penale» . Appartengono a tale categoria dogmatica la querela, che può essere proposta dalla persona offesa entro tre mesi dal giorno della notizia di reato, ove non vi abbia rinunciato; la richiesta di procedimento, che va presentata entro tre mesi dal fatto dal Ministro della giustizia perché possa procedersi per taluni reati commessi all’estero (artt. 8, 9, 10 c.p.) ovvero quando sia commesso contro il Presidente della Repubblica un delitto perseguibile a querela; l’istanza della persona offesa, necessaria perché possa procedersi per taluni reati commessi all’estero (artt. 9 e 10 c.p.); l’autorizzazione a procedere, che limita la giurisdizione penale di alcuni soggetti aventi uno status particolare, secondo il combinato disposto degli artt. 68 e 96 Cost.


Una delle novità introdotte dalla riforma dei reati societari, operata dal d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61, è senza dubbio rappresentata dalla subordinazione della procedibilità di molte fattispecie all’esercizio del diritto di querela, con la conseguente attenuazione di fatto per tali figure delittuose del principio di ufficialità dell’azione penale.


Nel nostro ordinamento la verifica della fondatezza della pretesa punitiva è infatti sottratta alla disponibilità dei privati anche se per taluni delitti l’iniziativa dell’organo pubblico è espressamente subordinata dalla legge alla querela della persona offesa: attraverso il diritto di querela il privato autorizza il pubblico ministero a promuovere l’azione penale o «più semplicemente lo obbliga a concretamente verificare se, data una notizia di reato (già in precedenza pervenutagli, oppure trasmessagli con la querela medesima), sussistono o meno le condizioni per promuoverla».


2.2. Il diritto di querela e l’impedito controllo (art. 2625 c.c.)


Gli amministratori che occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, ad altri organi sociali o alle società di revisione, sono puniti, ex art. 2625 c.c., con una sanzione amministrativa pecuniaria; se tuttavia dalla condotta tipizzata deriva un danno ai soci, ai sensi del comma 2, viene integrato un reato sanzionato con la reclusione fino ad un anno e la procedibilità a querela della persona offesa.


Appare pertanto criticabile la decisione da parte del legislatore di tutelare unicamente i soci, che siano stati danneggiati dalla condotta degli amministratori e che riescano a provare il nesso eziologico che collega tale condotta al pregiudizio sofferto, mentre risultano prive di protezione le posizioni dei soggetti estranei alla compagine sociale, i quali potrebbero essere ugualmente danneggiate dalle condotte di impedito controllo poste in essere contro la società di revisione.


A tale proposito è stato proposto di comprendere nella nozione di «soci» utilizzata dall’art. 2625 c.c., non solo tutti coloro che posseggano tale qualifica nel momento consumativo del reato, ma anche «quanti sono entrati a far parte della compagine societaria a cagione dell’attività di impedito controllo posta in essere nei confronti delle società di revisione, ravvisandosi in tal caso l’evento di danno proprio nell’aver acquistato una partecipazione in una persona giuridica di cui si ignoravano le effettive e veridiche condizioni».

2.3. Il diritto di querela e le operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 c.c.)


L’art. 2629 c.c. subordina la procedibilità del reato alla querela della persona offesa e sanziona gli amministratori, che in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori, effettuano riduzioni del capitale sociale o fusioni con altre società o scissioni, cagionando danno ai creditori.


A tale proposito sembra corretto ritenere che legittimati a presentare la querela siano solo quanti risultino titolari di un diritto di credito sorto antecedentemente all’apertura della procedura di riduzione del capitale sociale o di fusione o scissione: così come «solo a costoro la normativa civilistica riconosce il diritto di opporsi alla esecuzione della relativa deliberazione societaria, analogamente solo a quanti rientrano in tale categoria può essere riconosciuta la qualifica di soggetti danneggiati dall’illecito».


Il termine per la proposizione della querela sembra potersi fissare a seguito dell’avvenuta conoscenza della delibera assembleare, che abbia disposto le operazioni di riduzione del capitale sociale, fusione con altre società o scissione, produttive di danno per i soci.


2.4. Il diritto di querela e l’indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 c.c.)


Ai sensi dell’art. 2633 c.c., i liquidatori che, ripartendo i beni sociali tra i soci prima del pagamento dei creditori sociali o dell’accantonamento delle somme necessarie a soddisfarli, cagionano danno ai creditori sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.


Il risarcimento del danno, ai creditori prima del giudizio, secondo quanto previsto dal comma 2 della norma in commento, estingue il reato.

La procedibilità dell’azione penale è dunque subordinata alla presentazione della querela da parte del creditore o dei creditori rimasti insoddisfatti.


4. La procedibilità dei reati societari commessi all’estero

 

Analizzati i profili essenziali del diritto di querela e rilevato come non siano registrabili peculiarità di sorta in ordine all’ambito di operatività dell’autorizzazione a procedere, appare necessario spostare l’attenzione sull’istanza e sulla richiesta di procedimento per i reati societari commessi all’estero ad opera del cittadino o dello straniero.

 

In particolare, in relazione ai delitti commessi dal cittadino all’estero, ex art. 9 comma 2 c.p., può essere rilevato che tutti i reati societari procedibili ex officio rispettano il requisito edittale previsto dall’art. 9 comma 2 c.p. (pena base non inferiore nel minimo a tre anni di reclusione). Per quanto invece attiene ai delitti commessi dallo straniero all’estero, ai sensi dell’art. 10 comma 1 c.p., possono essere sottoposti alla giurisdizione italiana, previa proposizione della richiesta o dell’istanza), solamente quelle ipotesi di reato che non siano punite con la pena della reclusione comunque non inferiore nel minimo ad un anno, con la conseguenza che non possono essere assoggettati alla giurisdizione italiana, se commessi all’estero dallo straniero, i delitti di cui agli artt. 2626 c.c. («Indebita restituzione dei conferimenti»), 2628 c.c. («Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante»), art. 2632 c.c. («Formazione fittizia del capitale»), art. 2636 c.c. («Illecita influenza sull’assemblea»).

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